Europa sotto pressione

Stazionare a Budapest

Le tensioni di Budapest, causa centinaia di rifugiati bloccati alla stazione, sono solo l’ultimo episodio di una stagione arida, nella quale tutta l’Europa ha vacillato sotto il peso dei flussi migratori. L’evento più inquietante si è registrato però all’inizio del mese di agosto, ad Heidenau, nei pressi di Dresda. In quella circostanza 31 poliziotti sono rimasti feriti negli scontri con nerboruti e agguerriti gruppi di estrema destra che volevano dare l’assalto ad un nuovo centro per rifugiati sorto nella cittadina. Gli scontri sono durati quasi tutta la settimana, proprio mentre in Germania arrivavano migliaia di profughi dalla Serbia, attraverso l’Ungheria. I neonazisti tedeschi si sono ringalluzziti e hanno mobilitato all’incirca seicento persone piuttosto combattive. È più che lecito il sospetto di un Europa in cui le recrudescenze del razzismo nazional socialista tornino ad avere un momento di fiamma. Siamo di fronte alla più grave emergenza migratoria dal secondo dopoguerra e il fenomeno si presenta complesso, con tanto di rigurgiti estremisti a Dresda o istinti isolazionisti alla Orban. È evidente e dovrebbe dare ragione di un po’ di respiro agli animi tanto agitati anche in Italia è che la meta più ambita non è la nostra penisola, dove si cerca solo un punto di approdo. Quasi tutti i migranti vogliono raggiungere i paesi del nord ed in particolare la Germania. Rispetto a noi la Germania ha saputo mostrarsi in merito di immigrazione molto più razionale, senza voler essere caritatevole, e potendo contare anche su dimensioni territoriali ragguardevoli. Del resto la sola Germania ovest fronteggiò con successo un’immigrazione mussulmana piuttosto capiente negli anni ‘60 del secolo scorso, quella turca, ed i turchi seppero dare una certa spinta all’economia tedesca, non perché particolarmente bravi come lavoratori, ma perché i tedeschi sanno inquadrarti e farti sgobbare, anche a basso prezzo. Per cui, se noi vediamo i profughi principalmente come una minaccia, a Berlino sanno considerare anche l’opportunità che rappresentano. Non che non ci siano state tensioni interetniche, al contrario, ma il modello è quello nord americano dove da decenni sbarcano messicani, cubani, portoricani, cinesi e quant’altro e nel complesso l’insieme economico del sistema se ne è giovato. Meglio tenerlo sempre a mente quanto si sta a dire di chiudere le frontiere.

Roma, 2 settembre 2015